Le buone proteine

Le buone proteine

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Fagioli, ceci, lenticchie, piselli, fave, soia, ma anche cicerchie, lupini e arachidi, nel mondo vegetale hanno caratteristiche uniche e preziose, tanto da guadagnarsi un posto in prima fila nella piramide alimentare mediterranea.

Carla Musiani
Dietista
U.O.C. di Dietologia e Nutrizione Clinica
AUSL di Bologna 

Fagioli, ceci, lenticchie, piselli, fave, soia, ma anche cicerchie, lupini e arachidi, nel mondo vegetale hanno caratteristiche uniche e preziose, tanto da guadagnarsi un posto in prima fila nella piramide alimentare mediterranea. Sono le leguminose, chiamate impropriamente legumi, che sono invece i semi consumati allo stato fresco, con proprietà nutrizionali proporzionali al notevole contento di acqua (75-80%).

Le leguminose (i semi secchi), della famiglia delle Papilionacee, si distinguono per il loro contenuto proteico: contengono circa il 20% di proteine di medio-buon valore biologico, ciò significa che forniscono all’uomo quasi tutti gli aminoacidi essenziali; sono un po’ carenti di metionina e di cisteina, gli aminoacidi solforati che invece abbondano nei cereali.

Se si uniscono nello stesso pasto, si ottengono proteine vegetali il cui valore biologico è paragonabile a quello delle proteine animali. Da ciò l’abbinamento di questi alimenti nei piatti tradizionali della cucina mediterranea (pasta con fagioli, pasta e ceci, risi e bisi, ecc.) che hanno caratterizzato l’alimentazione contadina fino al dopo-guerra, così tanto utilizzati da far guadagnare ai legumi l’appellativo di “carne dei poveri”.

Sarà forse per questo sfortunato nomignolo che dagli anni ‘50 in poi i consumi di questi preziosi semi della terra hanno avuto un notevole calo, soppiantati dalla più ricca e finalmente raggiungibile fettina.

Negli ultimi decenni le malattie del benessere come l’obesità, il diabete, le malattie cardiovascolari, l’ipertensione, per ricordarne solo alcune, hanno portato i ricercatori ad effettuare studi che hanno permesso di ridare ai legumi un ruolo di primo piano nella alimentazione umana, convalidando scientificamente ciò che la saggezza contadina già aveva intuito.

Quali sono quindi i vantaggi di utilizzare proteine vegetali al posto di quelle animali? Innanzitutto non contengono grassi saturi e colesterolo, sempre presenti invece nelle proteine animali come carne e latticini. Sono molte le ricerche epidemiologiche che hanno provato che un aumento del consumo di acidi grassi saturi si associa ad un aumento significativo della mortalità coronaria ed in generale della mortalità cardiovascolare; gli acidi grassi monoinsaturi presenti nell’olio di oliva e gli acidi grassi polinsaturi omega-6 dei legumi esercitano invece un effetto protettivo.

Il vantaggio della fibra
Al contrario delle proteine animali, quelle dei legumi contengono fibra, sia insolubile (nella buccia) che solubile: quest’ultime sembrano essere metabolicamente attive nel trattamento delle iperlipidemie, poiché nell’intestino formano un tipo di gel che rallenta il tempo di svuotamento gastrico e riduce l’assorbimento di colesterolo e di acidi biliari. Dunque, con una dieta ad alto contenuto di fibre, circa 35-40 g al giorno, composta principalmente da legumi, frutta e verdure in genere si può ottenere la riduzione della concentrazione di colesterolo LDL.

Meno carne più legumi
Per la particolare composizione aminoacidica dei legumi, e in particolare per la loro carenza di metionina contrastano la formazione di omocisteina, il cui accumulo nel sangue può diventare un ulteriore rischio per le malattie coronariche.

Sempre per il benessere del nostro apparato cardiovascolare, le proteine vegetali forniscono un basso apporto di sodio. Basti pensare alle tecniche di conservazione di salumi, insaccati e formaggi per capire quanto sale introduciamo ogni giorno in più del nostro fabbisogno.

Nonostante siano presenti purine vegetali, recentemente uno studio prospettico, l’Health Professionals Follow-up Study, ha indicato che i legumi dovrebbero soddisfare, insieme ai latticini a basso contenuto lipidico, la quota proteica dei pazienti con gotta invece della carne e del pesce, raccomandandone un consumo settimanale di 1-3 porzioni, questo probabilmente per la loro particolare biodisponibilità ad essere metabolizzate ad acido urico. Nel trattamento dell’encefalopatia epatica è stato sperimentato che l’impiego di fonti proteiche diverse da quelle di origine animale (vegetale o casearia) danno migliori risultati, poiché contengono minori quantitativi di substrati producenti ammonio. Recentemente lo Studio SOF (Study of Osteoporotic Fractures), ha dimostrato come le donne la cui dieta conteneva un più elevato rapporto di proteine animali invece, e non proteine vegetali, abbiano presentato un più elevato tasso di perdita dell'osso, nonché di rischio di fratture, suggerendo che esista un legame tra proteine di derivazione vegetale e salute dell'osso. Non si può terminare questa panoramica sulle virtù dei legumi senza dimenticare che di recente sono stati rivalutati anche nella dieta del paziente diabetico: per il loro basso indice glicemico, insieme ai cereali integrali e alle verdure assicurano un apporto adeguato di micronutrienti, tengono sotto controllo l’aumento della trigliceridemia, facilitano la perdita di peso poiché accrescono il senso di sazietà e mantengono un controllo glicemico ottimale a lungo termine.

In questo caso però, e anche nei regimi dietetici per il controllo del peso, per il discreto contenuto di amido dei legumi (circa il 50%) è bene ridurre parte del pane e della pasta previsti nella giornata oppure utilizzare hamburger o bistecche vegetali con prevalente contenuto proteico.

La soia
La soia è la leguminosa più versatile e dà origine alla più estesa serie di prodotti alimentari e di derivati industriali di elevate caratteristiche qualitative, sia per la complessità della sua composizione, sia per la varietà dei trattamenti che si possono eseguire sui suoi componenti, per trasformarli in vari prodotti: olio di soia, latte di soia, formaggio di soia o tofu, hamburger di soia, granulati proteici o bistecche disidratate da ricostituire in acqua o brodo vegetale.

Nei semi di soia le proteine sono contenute in quantità medie del 40%, i grassi vanno dal 13 al 25%, con una media del 18%; i glucidi si aggirano sul 20%. Il consumo della soia nei Paesi occidentali è recente, ma ha da subito risolto alcuni problemi soprattutto legati alle allergie alle proteine del latte dei neonati e alle intolleranze al lattosio.

La soia è inoltre uno dei cibi con la più alta concentrazione di isoflavoni e fitoestrogeni che regolano la produzione ormonale corporea, e che potrebbero costituire un’alternativa agli ormoni di sintesi spesso usati per combattere i problemi legati alla menopausa, sebbene la “Medicina basata sull’evidenza” non ne raccomandi ancora l’impiego, rimandando la valutazione ad ulteriori studi randomizzati e controllati.

In ultima analisi, pur riconoscendo alle proteine animali il merito di assicurare la copertura di tutti gli aminoacidi essenziali, di apportare vitamine come la B12, assente nei vegetali e sali minerali come il ferro e il calcio in forma facilmente assorbibile dall’organismo umano e ravvedendo il loro valore primario nella fase di accrescimento del bambino fino all’età adulta e in alcune situazioni fisiologiche della donna come la gravidanza, appare evidente che le proteine vegetali meritano di occupare uno spazio maggiore nell’alimentazione dell’adulto sano; rimane inoltre da valutare, insieme al parere di esperti in campo nutrizionale, se utilizzarle a scopo dietoterapeutico anche in alcune specifiche patologie. Per avere la garanzia di consumare legumi, leguminose e loro derivati senza tracce di sostanze chimiche (ad esempio i solventi usati per l’estrazione dell’olio) e di OGM (la soia ad esempio si presta bene ad essere trattata geneticamente) è comunque importante l’acquisto di alimenti provenienti da produzioni biologiche controllate.

Tratto da
Elisir di Salute (copyright)
il punto di vista di medici e ricercatori
maggiogiugno 2008

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