Melograno, uno scrigno di salute

Melograno, uno scrigno di salute

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Negli ultimi anni il Melograno è stato al centro di sempre maggiori attenzioni come possibile coltura in grado di alimentare una filiera agro-industriale innovativa nel nostro Paese.

Dott. Paolo Ranalli

Fondazione Istituto Scienze della Salute - Bologna
Già Direttore di Dipartimento
del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione
in Agricoltura (CRA) - Roma

 

Negli ultimi anni il Melograno è stato al centro di sempre maggiori attenzioni come possibile coltura in grado di alimentare una filiera agro-industriale innovativa nel nostro Paese. In recenti convegni e tavole rotonde sono state discusse le prime evidenze scientifiche ottenute in vari ambiti dalla ricerca, identificate le criticità della filiera e delineate le aspettative di questa pianta nel territorio italiano.

 

La coltivazione

Il Melograno è coltivato soprattutto in ambienti con clima mediterraneo, come India, Iran, Turchia e Israele, che rappresentano i maggiori produttori, ma prove effettuate in Emilia Romagna dimostrano che l’area geografica di coltivazione può essere espansa anche in zone settentrionali. Il panorama delle varietà è formato principalmente da ecotipi (piante strettamente collegate alle caratteristiche dell’ambiente ecologico): da ciò lo sforzo di sviluppare nuove selezioni adatte alle varie aree geografiche colturali e con frutti idonei ai diversi utilizzi.

Il Melograno è una pianta rustica, in grado di sopportare anche lunghi periodi di siccità; si avvantaggia comunque di una costante disponibilità idrica del terreno, anche se ridotta, per fornire maggiori rese produttive e ridurre l’incidenza del fenomeno di spaccatura dei frutti. La pianta presenta inoltre elevati livelli di resistenza anche alla salinità e alla clorosi ferrica (anomalo ingiallimento delle foglie causato dal mancato assorbimento di ferro da parte delle  radici), caratteristiche che la rendono un albero da frutti apprezzato e utilizzabile in zone con presenza di acque a elevato contenuto salino, dove non è possibile l’impianto di altre specie, nonché per la valorizzazione di terreni marginali, in quanto ciottolosi, aridi o con ristagni idrici. Esperienze di diffusione del Melograno su suoli marginali e con l’utilizzo di strategie di risparmio idrico coronate da succes-so sono state realizzate soprattutto in Israele, India, Iran, Spagna e USA.

 

Varietà e produttività

La scelta della cultivar, cioè della varietà coltivata ottenuta con il miglioramento genetico, strategica per il successo della coltura, viene fatta tenendo conto di diversi aspetti: epoca di maturazione, dimensioni del frutto, colore della buccia, facilità di sgranatura, consistenza del rivestimento interno del seme, colore, acidità e qualità nutraceutica del succo, aroma (gusto fresco e profumato con un perfetto bilanciamento tra zuccheri e acidi), produttività e resistenza a parassiti o a cause di natura non parassitaria, come il freddo e il caldo eccessivi o la scarsità di acqua nel terreno, che possono danneggiare la pianta e i frutti.

Le potenzialità produttive della pianta sono molto elevate, però potature sbagliate e tecniche agronomiche non adatte possono abbassare le rese in campo. Il miglioramento genetico e la gestione agronomica possono certamente svolgere un ruolo importante, sono però attesi grandi risultati soprattutto dall’applicazione e dalla diffusione di moderne tecnologie per la lavorazione e la gestione del frutto, con particolare riferimento ai processi automatici di estrazione della parte edule ed alla conservazione del prodotto in maniera che possano essere mantenute integre le caratteristiche qualitative e salutistiche.

 

Il succo, un sorso di benessere

L’interesse per questa specie negletta è suscitato dalle qualità nutraceutiche del frutto. Pochi frutti hanno un aspetto affascinante come quello del Melograno: si fa notare subito per la sua forma e per il colore rosso-dorato. Aprendo il frutto si scopre poi che è uno scrigno pieno di semi, chiamati arilli, brillanti e rossi come rubini. L’apprezzamento del Melograno presso tutti i popoli antichi non era dovuto solo al suo aspetto esteriore, ma anche al contenuto: il frutto era prezioso come cibo e bevanda.

Il Melograno contiene, infatti, molecole bioattive generalmente indicate come polifenoli: il succo è un’eccellente sorgente di vitamine C e del gruppo B, di potassio e di notevoli quantità di polifenoli antiossidanti; fra questi ultimi, ricordiamo l’acido ellagico (tannino vegetale) che possiede proprietà antitumorali e contrasta lo stress ossidativo e i radicali liberi a livello cellulare. In particolare, sono presenti antocianine ed ellagitannini, oltre ad acidi fenolici e altri composti volatili. Gli ellagitannini sono i composti bioattivi prevalenti e si ritiene siano quelli maggiormente responsabili dell’azione salutistica. Il loro principale meccanismo d’azione sembra infatti essere la protezione dallo stress ossidativo che, come è noto, è dovuto alla perdita dell’equilibrio tra la produzione di sostanze chimiche che inducono stress ossidativo (i pro-ossidanti) e le difese antiossidanti. Tale sbilanciamento può essere contrastato attraverso la riduzione della produzione di pro-ossidanti oppure con l’aumento delle difese antiossidanti; per innalzare il livello di queste ultime vanno assunti alimenti ricchi di polifenoli e di fitonutrienti come, appunto, il Melograno. Infatti, la capacità antiossidante del succo è stimata essere tre volte superiore rispetto a quella del vino rosso o del tè verde. Va infine rilevato che il contenuto di antiossidanti e il loro profilo nel Melograno dipendono dalla varietà coltivata, dall’areale colturale, dalle strategie di coltivazione e dalle tecnologie di lavorazione industriale del prodotto.

 

Come consumarlo

Oltre a un utilizzo domestico, cioè il consumo tale e quale dei semi del Melograno, vi è anche un uso industriale che prevede la sgranatura degli arilli per il consumo fresco oppure per la preparazione di surgelati o di prodotti di IV gamma; l’estrazione del succo per spremitura degli arilli; l’estrazione dei tannini dalle bucce e dalle membrane interne; l’estrazione dell’olio dai semi (già sfruttati ed essiccati) per uso farmacologico e cosmetico; inoltre, dai sottoprodotti della lavorazione dei frutti vengono estratte molecole bioattive, aventi azione biocida, in grado cioè di contrastare lo sviluppo di malattie fungine su specie vegetali di interesse agricolo.

 

Le prospettive

A questa pianta sono perciò interessati sia gli agricoltori che la Grande Distribuzione Organizzata (GDO): i primi, in quanto sono alla ricerca di alternative colturali in grado di sostituire colture attualmente in crisi; la Grande Distribuzione, poiché ha visto crescere, in tempi brevi, l’attenzione dei suoi consumatori all’acquisto di un frutto fino ad oggi tenuto in disparte e non sufficientemente valorizzato per le qualità che dimostra di possedere.

I mercati, in forte espansione, sollecitano maggiori ricerche che affrontino le criticità della coltura e della relativa filiera agro-industriale, nonché l’immediata divulgazione delle conoscenze/innovazioni che il mondo della ricerca man mano mette a punto, soprattutto alle piccole e medie imprese che non hanno esperienza in ricerca e ambiscono a produrre cibi ad alto valore salutistico. 

Tratto da
Elisir di Salute (copyright)
il punto di vista di medici e ricercatori
settembre/ottobre 2015


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