Legumi, una fonte di benessere

Legumi, una fonte di benessere

I legumi dovrebbero essere parte integrante della nostra dieta abituale poiché forniscono proteine vegetali, fibra, micronutrienti e sostanze ad azione protettiva

Prof. Paolo Ranalli
Fondazione Istituto Scienze della Salute – Bologna

Con il termine legumi ci si riferisce ai semi commestibili delle diverse piante appartenenti alla famiglia delle leguminose, disponibili allo stato fresco o secco. Sono legumi il fagiolo, il cece, la lenticchia, la cicerchia, la soia, il pisello e la fava. Hanno resistito per secoli a inverni lunghi, siccità, ambienti inospitali; non hanno però sopportato la massiccia intensificazione e standardizzazione subita dall’agricoltura, che ne ha provocato un inarrestabile declino. Siamo infatti passati da oltre un milione e duecentomila ettari coltivati nel 1950, a poco più di sessantamila ettari dei nostri tempi. Vi hanno concorso diversi fattori, prima di tutto il cambiamento delle abitudini alimentari della popolazione, con preferenza di prodotti di origine animale; in secondo luogo, le basse rese produttive che hanno ridotto la convenienza alla loro coltivazione. Quest’ultima condizione è stata determinata dallo scarso rinnovamento delle varietà, a causa degli esigui investimenti nella ricerca e sperimentazione. Di conseguenza, la domanda generata dai consumi, anche se ridotta, si soddisfa all’estero; importiamo circa trecentomila tonnellate di prodotto all’anno per una spesa di 250 milioni di euro, in pratica, il 90% di fagioli e lenticchie, l’85% di piselli e il 30-50% di fave e ceci.

Il ritorno

Il recupero delle tradizioni e della cucina locale, unito alla maggiore sensibilità del consumatore verso un’alimentazione sana e a ridotto impatto sull'ambiente, ha favorito un ritorno al consumo di “alimenti di una volta”, prima di tutto dei legumi. A ciò hanno contribuito le moderne strategie di ristoranti che, per fidelizzare nuovi clienti, diventano healthy, cercando di soddisfare i profili dei nuovi consumatori (vegetariani e vegani) e includendo quindi nei menù piatti realizzati con i prodotti della tradizione, apprezzati comunque anche da clienti onnivori. Oltre a favorire una transizione degli stili alimentari, le piante leguminose forniscono un contributo essenziale alla sostenibilità; dei sistemi agricoli, per diverse ragioni:

  • abbattono l'impiego di fertilizzanti di sintesi, essendo in grado di fissare nel suolo l’azoto dell’aria (grazie alla simbiosi con batteri del genere "Rhizobium");
  • recuperano e valorizzano terreni marginali, con indubbi vantaggi per la tutela di suoli agricoli dall’erosione e il mantenimento di attività; produttive anche in zone svantaggiate;
  • forniscono proteine per vegetariani, vegani e celiaci, in alternativa a quelle di origine animale (che hanno un'impronta carbonica maggiore).

Il profilo nutrizionale dei legumi

Il profilo in nutrienti dei vari tipi di legumi, pur con lievi differenze, è sostanzialmente sovrapponibile. Sono la principale fonte di proteine di origine vegetale; allo stato secco ne contengono dal 20 al 40%, una percentuale quasi doppia rispetto a quella dei cereali e molto vicina a quella dei prodotti di origine animale. Dal punto di vista della qualità, le proteine dei legumi sono carenti di amminoacidi solforati essenziali (metionina, cisteina e cistina), presenti nei cereali; l’abbinamento ha portato al tradizionale e completo piatto unico “pasta e fagioli” che ha rappresentato per lungo tempo il vessillo della dieta mediterranea. Sarebbe però riduttivo considerare i legumi solo in relazione alla quota proteica: apportano una quota di amidi, sono alimenti che determinano glucosio nelle urine perché hanno più amilosio (amido con struttura lineare, più difficile da aggredire) che amilopectina (amido con struttura ramificata, con più siti di attacco da parte degli enzimi digestivi); in pratica, si tratta di amidi a lento assorbimento e basso indice glicemico. Peculiare è anche l’elevato apporto di fibre, sia solubili che insolubili, che hanno effetti protettivi sulla funzionalità intestinale e rallentano l’assorbimento di zuccheri e grassi, contribuendo quindi a modulare i livelli di glicemia e di colesterolo. Inoltre, la fermentazione delle fibre fa sì che i composti intermedi, che passano indigeriti nel colon, agiscano da prebiotici, diventando substrati utili per il mantenimento e lo sviluppo di un’adeguata flora batterica intestinale (microbiota). Tutto questo è noto per essere un fattore di protezione per alcuni tipi di cancro, in particolare quello del colon. I legumi sono adatti anche alle diete dimagranti ed ai pazienti diabetici, poiché il loro basso indice glicemico è in grado di prevenire l’induzione della resistenza insulinica, un fattore di rischio per molte malattie croniche e un prodromo della insorgenza del diabete di tipo II. Si aggiunge una ridotta presenza di grassi (dal 2 al 5% del peso secco dei semi) e un’abbondanza di preziosi micronutrienti: dai minerali (in particolare ferro, selenio, zinco, calcio, fosforo e potassio) alle vitamine (soprattutto del gruppo B e, in quelli che si possono consumare freschi, come piselli e fave, anche vitamina C), ma anche sostanze bioattive (come fitosteroli, saponine, fitati e acidi fenolici) che contribuiscono ad avere un ruolo protettivo nell’insorgenza delle malattie croniche.

Come evitare il gonfiore

Generalmente ai legumi è riconosciuta una difficile digeribilità ed è nozione comune che essi provochino flatulenza e altri disturbi digestivi. Ciò dipende dalla presenza nei semi di particolari carboidrati, come il raffinosio e lo stachiosio, che non sono eliminati con la cottura e non possono essere digeriti, poiché nell’organismo umano mancano gli enzimi intestinali specifici, in grado di attaccare queste molecole. Queste diventano nutrimento dei batteri intestinali che, fermentando, producono gas. Si può ovviare in parte a questo problema decorticando i semi, cioè consumandoli privi della buccia; un buon ammollo e una cottura prolungata nella pentola a pressione (a 118°C per 30 minuti) oppure la cottura tradizionale molto prolungata (85°C per 2 ore) può attenuarlo, ma non eliminarlo completamente.
È bene inoltre ricordare che, abituando gradualmente il nostro organismo al consumo di legumi, si potrà ottenere un notevole miglioramento della loro digeribilità. Il problema può essere risolto “passando” con un passaverdure i legumi e quindi separando ed eliminando le bucce, oppure scegliendo legumi decorticati. Alcuni tipi di legumi contengono, inoltre, due fattori antinutrizionali: i fitati, sostanze con la capacità di legare i minerali diminuendone l’assorbimento, e i fattori antitriptici che ostacolano l’azione della tripsina, un enzima necessario per la digestione delle proteine. Questi metaboliti vengono parzialmente eliminati con un ammollo di almeno 12 ore, seguito da una cottura prolungata.

Versatilità in cucina

Oltre a trovarsi in commercio praticamente tutto l’anno, freschi, secchi o surgelati, una caratteristica dei legumi è la versatilità. Si possono cucinare in diversi modi: per preparare antipasti, primi, contorni, polpette, salse, insalate. Possono essere associati ai cereali per avere un perfetto piatto unico, come pasta e fagioli, zuppe con farro, orzo o altri cereali; le possibilità sono innumerevoli. L’esigenza di ridurre l’apporto energetico, e quindi il contenuto in amido, dei prodotti da forno a base di cereali, ha incentivato ricerche sulla trasformazione dei legumi in sfarinati, concentrati proteici, isolati proteici; ciò, allo scopo sia di produrre alimenti “meat free” e “gluten free” (carne vegetale adatta a vegetariani, vegani, celiaci e soggetti affetti da “gluten sensitivity”), sia di produrre (in mescolanza con farine di cereali) pasta, pane e altri prodotti da forno (dolci e salati). Negli ultimi anni, in Italia, c’è stato un fiorire di ricerche con lo scopo di sviluppare nuove cultivar adatte alla surgelazione della granella e allo sviluppo di nuovi alimenti a base di legumi.

Gli italiani non consumano legumi a sufficienza

Le Linee Guida nutrizionali indicano il consumo di almeno 2-3 porzioni settimanali di questi alimenti. Dalle rilevazioni sulla popolazione italiana risulta, però, che il consumo medio settimanale è molto inferiore e pari a circa 80 g. Teniamo presente che una porzione di legumi freschi corrisponde a 80-120 g mentre, se li prepariamo a partire dal prodotto secco, dobbiamo considerare circa 30-40 g. Si evidenzia una distanza tra raccomandazione e consumo, ancora più marcata in alcune fasce di età: più della metà dei bambini italiani (54%) non consuma affatto legumi e solo il 19% li mangia 2-3 volte a settimana. Poiché le abitudini alimentari si costruiscono nell’infanzia è fondamentale che vengano indirizzate verso scelte corrette.

In sintesi

I legumi sono parte integrante di una dieta salutare perché forniscono proteine vegetali, fibre, micronutrienti e molecole ad azione protettiva. Il consumo di legumi è associato alla prevenzione di malattie cronico-degenerative, come le malattie cardiovascolari, il diabete, l’obesità, la sindrome metabolica e alcune tipologie di cancro. È difficile identificare un componente a cui ascrivere questi effetti positivi; l’ipotesi più probabile è che il ritorno in auge di questi alimenti arricchisca la nostra dieta di nuovi preziosissimi sapori ed elementi nutritivi. Per una dieta variata ed equilibrata, è bene includere 2-4 porzioni a settimana di legumi; non dovrebbe essere difficile, trattandosi di alimenti che si prestano a molteplici modalità di consumo e possono costituire un primo piatto, un secondo oppure un contorno.

Tratto da
Elisir di Salute (copyright)
il punto di vista di medici e ricercatori
novembre/dicembre 2021

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